Vestirsi di rifiuti (che valgono oro) per salvare gli oceani
8 giugno 2020
di Stella Romoli – IO DONNA
Il futuro della moda? È fatto di plastica, nylon e tessuti usati, in realtà potenzialmente preziosissimi: non solo per proteggere il pianeta e i suoi mari, ma anche per le aziende
Parlare della Giornata Mondiale degli Oceani, dal punto di vista della moda sostenibile, non è facile. Da Dodo a North Sails, le iniziative virtuose legate all’evento non mancano, eppure sono una goccia nel mare difronte al problema di un industria identificata tra le più inquinanti sul pianeta, che conta numerose colpe nei confronti dei polmoni blu.
«Cambiare un azienda per cambiare il mondo è un lungo viaggio. Non basta un tocco di bacchetta magica. È un percorso lungo, tortuoso, e a volte economicamente doloroso» spiega Giulio Bonazzi, che ha affrontato non poche difficoltà prima di raggiungere la fama internazionale con Aquafil, la sua azienda vicino al Lago di Garda, dove trasforma montagne di rifiuti in filati pregiati. Come L’Econyl, una fibra ottenuta dal riciclo delle reti da pesca dismesse con un un processo che può essere ripetuto infinite volte: oggi cercatissima dai piccoli e grandi brand del lusso, soprattutto beachwear, e utilizzata da oltre 1.000 partner tra cui Gucci, Prada, Burebrry e Stella McCartney.
(…)